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La devozione a Santa Lucia

La devozione a Santa Lucia

Dopo la festa dell’Immacolata Concezione, un’altra significativa ricorrenza del mese di dicembre è quella del 13, festività di Santa Lucia, Vergine e Martire siciliana. Per ogni Siciliano il 13 di dicembre è una data significativa, non solo perché è considerata la notte più lunga dell’anno, ma perché è la ricorrenza di una “Virginedda” tutta nosta, orgoglio del popolo siciliano.

Le donne in Sicilia si rivolgono a Lei in maniera affettuosa e confidenziale chiamandola “Luciuzza“. Sono tanti i devoti che le recitano particolari orazioni per la richiesta di una grazia. La Santa viene spesso invocata per guarire dall’infermità degli occhi. A Gratteri, la signora Nina Cirincione (classe 1913) ad esempio, recitava questa orazione:

Santa Lucia supra lu munti stacìa, avìa na frasca all’occhiu ca c’è brindisi e finocchiu. Cu li manu la chiantai, cu li pedi la pistai, cu la vucca la binidissi, fai Lucia comu ti dissi“.

La signora Antonia Di Francesca si rivolgeva a Lei quando avvertiva la presenza di un corpo estraneo nell’occhio, tracciando col pollice il segno della croce per tre volte di seguito e recitando la seguente preghiera:

Santa Luciuzza di lu mari, se è frasca facitila vulari, se è tierra facitila squagliari“.

Sono diversi i fedeli che ritengono di essere stati miracolati dalla Santa, come lo stesso Presidente del comitato organizzatore della festa, il signor Giacomo Barca che intervistato, riporta la sua testimonianza sostenendo che in un incidente di lavoro, avendo subito un taglio alla cornea dell’occhio destro, guarì inspiegabilmente per Sua intercessione.

E le devote ancora oggi preparano a Gratteri la cuccia (frumento bollito) e dei biscotti devozionali a forma di occhio che, benedetti, vengono divisi tra i fedeli durante la messa dal comitato organizzatore (tra i vari rappresentanti del comitato di Santa Lucia che si sono susseguiti dal 1950 ad oggi a Gratteri si ricordano: Francesco Sideli, Salvatore Cannici, Giuseppe Fiorino e Giacomo Barca).

Salomone Marino aveva osservato che: “la relazione tra la Santa e il frumento è istituita a partire da un miracolo: aver fatto approdare battelli carichi di grano nella città di Siracusa, stremata dalla carestia” (Salomone Marino 1897, pp. 86-87).

Secondo la leggenda agiografica, questa devozione alla Santa protettrice della vista, trae origini della tradizione della Sicilia agricola e pastorale. La Santa è stata più volte messa in relazione con la dea greca Demetra o con la romana Cerere, i cui attributi principali erano il mazzo di spighe e la fiaccola. Il frumento bollito, che i fedeli mangiano come offerta, può essere riportato al cibo cerimoniale che veniva consumato anche nei misteri della dea greca.

E si aggiunge che le espressioni e gli appellativi con cui viene invocata la Santa, (“luce degli occhi, della vista”, “luce del mondo”), rivelano non solo una chiara simbologia spirituale di grandissima intensità, ma soprattutto quella visione cosmologica delle civiltà passate e delle moderne culture contadine in cui s’alternano luce e notte, vita e morte, in un percorso che nella sua circolarità è garanzia di un eterno fluire e ritornare delle cose.

Osserva Propp, a proposito del consumo di sementi cotte: “il chicco ha la proprietà di conservare a lungo la vita e di riprodurla di nuovo, moltiplicandola nella terra. Il noto circolo continuo seme-pianta-seme, testimonia l’eternità della vita. Gli uomini mangiando semi divengono partecipi di questo processo” (Propp 1963, p.47).

L’iconografia risente fortemente dell’episodio dello strappo degli occhi in quanto la Santa è raffigurata con un vassoio, nella mano destra, su cui sono posti gli occhi, mentre nella sinistra impugna una palma, simbolo di martirio. Tipiche testimonianze devozionali sono la fascia di gioielli ex voto, la palma in argento ed oro, e delle lamine in argento a forma di occhi che per la ricorrenza festiva adornano il simulacro.

Il 13 di dicembre inoltre, era considerata una data significativa anche perché nel piccolo centro madonita le donne iniziavano a contare le calende fino al giorno dell’Epifania. Quest’arco di tempo di 24 giorni veniva suddiviso in due blocchi, di dodici giorni ciascuno.

Ogni giorno corrispondeva ad un mese specifico; così 12 giorni per i 12 mesi dell’anno. Iniziando a contare dal 13 che corrispondeva al mese di dicembre – “Santa Lucia lu misi chi sia” – si proseguiva in sequenza a salire: il 14 era gennaio, il 15 era febbraio e così di seguito fino al giorno di Natale: “Di Santa Lucia a Natali un passu di cani, di Natali all’annu nuovu un passu d’uomu“. La stessa conta veniva svolta dal 25 dicembre fino al 6 di gennaio, però all’inverso “a scinniri“: il 26 corrispondeva al mese di novembre, il 27 ad ottobre, fino al 6 di gennaio.

Dalle constatazioni delle previsioni atmosferiche e dell’andamento metereologico di quei rispettivi giorni (che corrispondevano ai mesi dell’anno) si determinava dunque il complessivo andamento climatico dei mesi del nuovo anno. Così poteva capitare “jnnaru, mienzu duci e mienzu amaru“, “frivaru piddaru, curtu e malu cavatu“, “aprili friddu suttili…” e via di seguito. Sono tante le testimonianze raccolte negli anni a Gratteri, un patrimonio immateriale importantissimo degno di essere tramandato.

Verginella gloriosa

(canto devozionale intonato nella Chiesa di San Sebastiano)

Verginella gloriosa,
Di Gesù diletta sposa,
Nostra Madre e cittadina,
Gli occhi a noi dal Cielo inchina,
Dhe! Tu impetra al suol natio
La pietà del sommo Iddio.
Ah! Non cessa, e troppo infesta
Si dilunga la tempesta,
Che la tua, già un dì sì bella,
Siracusa ha reso ancella!
Ah! Quel capo al serto avvezzo,
Or calmato dal disprezzo,
Chino al suol con rase chiome,
Fa contrasto al tuo gran nome.
No, non vale da sciagure
A salvarla così dure,
Nè l’intatta fedeltà
Nè l’antica maestà:
Straziati dagli artigli
Del dolor mira i suoi figli:
Que’ che vedi all’ara chini
Son pur tuoi cittadini
Se la patria abbiam comune,
D’ogni mal la rendi immune;
E quando fummo qui nel mondo,
Fa che l’alma, poi che il pondo
Deporrà de l’uman velo,
Cittadini torniamo in cielo.

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