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La credenza delle Anime del Purgatorio in uno scenario dantesco

La credenza delle Anime del Purgatorio in uno scenario dantesco

E se quella rappresentazione allegorica dei tre Regni dell’Oltretomba che descrisse Dante nella sua Commedia esistesse davvero e diventasse realistica in luogo remoto di Sicilia? Non abbiate paura, sono solo suggestioni popolari ma che contribuiscono a rendere un incantevole territorio, come quello madonita, pittoresco e fascinoso, anche perchè intessuto da ataviche leggende che tramandano i più anziani abitanti.

In effetti, come è ben noto, Dante Alighieri agli albori del ‘300, aveva rappresentato l’Inferno come una grande voragine a forma di imbuto, che si apre al centro della terra, al di sotto della città di Gerusalemme; il Purgatorio come una montagna altissima in mezzo alle acque dell’emisfero australe, da ascendere fino ad arrivare al Paradiso terrestre – un giardino di delizie – dove vissero Adamo ed Eva prima del loro peccato originale.

Quella appena descritta, non è altro che una raffigurazione allegorica di un’opera letteraria medievale che si prefiggeva chiari intenti didascalici e religiosi. Tuttavia, c’è un posto reale sulla terra che rappresenterebbe, anche se in maniera del tutto simbolica e leggendaria, quello che il padre della lingua italiana aveva cercato di descrivere nei suoi celebri versi della Divina Commedia.

Secondo fantasiosi racconti individuati tra i più anziani abitanti di Gratteri, esisterebbe proprio al di sotto della cittadella un accesso leggendario agli Inferi attraverso una impervia spelonca, simile a quella dantesca – che veniva nominata dal popolo “la Bocca dell’Inferno” – come una nuova Gerusalemme siciliana.

La credenza popolare voleva che quell’angusto passaggio fosse ostacolato da un mostro immaginario, un diavolo dalle sembianze di drago che chiamavano Macigna, ricacciato nell’abisso dall’Arcangelo Michele, scelto, da tempo immemore, come difensore del borgo.

Dall’altra parte invece, al di sopra dell’antico villaggio, procedendo da un sinuoso sentiero in mezzo ad una folta pineta si arriva ad una caverna calcarea di una bellezza inconsueta, la Grotta Grattara con una polla d’acqua purissima, la fonte della Ninfa, probabile oracolo indigeno di una vecchia sibilla, protagonista ancestrale delle tradizioni popolari gratteresi.

Da un ripido sentiero, si sale ancora più in alto, fino al pianoro dei “Campi Elisi” di Piano Prato, alle falde della nuda montagna di Pizzo di Pilo (m. 1385) che signoreggia dall’alto come una antica divinità che protegge il villaggio madonita.

Solo allora, innanzi ad un panorama mozzafiato che si apre sull’azzurra distesa del mare – sospesi tra le nuvole – vi sembrerà di sfiorare il cielo con un dito e comprendere quello che i poeti chiamavano “Infinito”. Siete davvero giunti ad un paradiso terrestre, luogo ameno di serena beatitudine come quello decantato da Virgilio nell’Eneide.

Ci troviamo in presenza di un perfetto topos letterario, quello del locus amenus descritto già in un’opera seicentesca dall’abbate cefaludese Benedetto Passafiume: “una immensa vallata di prati rigogliosi e sorgenti limpidissime dove daini, cervi ed altri animali da caccia se ne trovano in grande quantità; le pecore poi, sono così pingui che “brucano i lieti pascoli con denti d’oro” (PASSAFIUME BENEDETTO, op. cit., p.53).

Addentrandovi in quella valle, sul fianco occidentale di Pizzo di Pilo, che vi troverete innanzi maestoso, scorgerete poi una caverna, che si apre come una porta naturale sulla roccia verso un regno misterioso ed inesplorato. È la Grotta Panni, a quota 1190 metri, che vi apparirà innanzi come a quelle illustrazioni dantesche di Gustave Doré. Siete davvero giunti a destinazione, pronti a riveder le stelle.

A questo punto del racconto, dopo avervi presentato un suggestivo paesaggio attraverso gli occhi di chi lo ha vissuto e profondamente amato, siete pronti a scoprire una storia raccontata ancora oggi dalle nonne di Gratteri, quella delle Anime del Purgatorio.

Una delle più suggestive credenze popolari gratteresi narra di una processione di anime che ritornano sulla terra, la notte di ogni primo giovedì del mese allo scoccare delle due ore (ore 22:00).

A du uri tuttu d’un culuri lu monaco canta e la vecchia si scanta” (Giuseppa Cirincione, classe 1922, intervista 2015). La chiamavano “Priggissioni ‘Mparadisu” e, fino a qualche tempo addietro, in quei giorni, era consuetudine porre sui davanzali delle finestre, delle lucerne ad olio o delle candele poiché passavano le anime dei morti (Lucia Cirincione, classe 1923, intervista 2007).

Queste anime sfilavano per il centro storico tutte in fila indiana, recando in mano, al posto delle candele, arti di scheletri, “truncùna”.

Esse, dopo averne percorso le vie, scomparivano nel nulla all’arrivo nella Chiesetta del SS. Crocifisso alla Scala, dove vi è una strada che, per illusione prospettica sembrerebbe terminare in cielo (Maria Antonina Cirincione, classe 1913, intervista 2007). Sono tante le testimonianze raccolte negli anni in diversi quartieri del paese.

Alcune anziane donne arrivano ad asserire di averle viste passare per davvero nei pressi della Vecchia Matrice e di aver riconosciuto qualche loro parente defunto (racconto di Santa Porcello, classe 1891). Molte delle storie più suggestive sono ambientate all’interno della Vecchia Matrice o della chiesa della Parrocchia. La signora Giuseppa Ilardo (intervista 2007), ad esempio, sentiva raccontare dalla madre che, ai suoi tempi, la notte del giovedì, passasse un uomo con una candela ed una campanella per invitare il popolo a pregare, salmodiando le seguenti parole: “Oggi in fuura, dumani in sepoltura, miàta a cu pi l’alma si procura” (Oggi in figura, domani in sepoltura, beato chi si procura la salvezza dell’anima).

A proposito di preghiere particolari da recitare la sera di ogni giovedì, la signora Antonina Lazzara (classe 1922), recitava la seguente preghiera: “Biniditti su chidd’anni, chiddu misi e chiddu jornu, chiddu jovi e chiddu mumentu, sia lodatu e ringraziatu lu Santissimu Saramientu”. Ad ogni modo, il culto verso le Anime del Purgatorio era molto vivo a Gratteri, lo testimonia una chiesa – quella di San Sebastiano sotto il titolo delle Anime Purgatorio – e numerose edicole votive come le due cappellette dedicate a “l’Armu Priatuoriu” sulla strada di campagna che da Gratteri collega l’Abbazia di San Giorgio.

Queste ultime vennero inspiegabilmente murate durante i lavori di rifacimento della nuova strada. Oggi, quelle immagini pietose, dimenticate da tutti, si conservano ancora all’interno della chiesetta del Crocifisso alla Scala.

Marco Fragale
(Università di Palermo)

BIBLIOGRAFIA:

PASSAFIUME BENEDETTO, De origine ecclesiae Cephaluditanae, Venetiis 1645, p.53

FRAGALE MARCO, tesi di Laurea in Lettere Moderne: Il ciclo dell’anno a Gratteri. Aspetti devozionali e significato antropologico. A.A. 2006/2007