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La commenda di San Giorgio e l’eredità dei Cavalieri Ospitalieri di Gerusalemme

La commenda di San Giorgio e l’eredità dei Cavalieri Ospitalieri di Gerusalemme

“Ma la storia della truvatura di San Giorgio
si fece ancora più avvincente e occulta
quando i beni dell’Abbazia vennero ceduti ai Cavalieri di Malta
eredi dei Templari,
che lasciarono delle reliquie nel villaggio
e uno ospedale per poveri e pellegrini, oggi la via Ospedale.
Agli Ospitalieri di Gerusalemme sarebbe da ricollegare
anche il culto di San Giacomo,
protettore dei pellegrini
e la presenza di una santa reliquia del costato dell’Apostolo,
voluto come patrono dai Gratteresi”.

(Da “Gratteri da Crater, coppa Graal: grezzo diamante nella concava roccia” di Marco Fragale)

La storia dell’Abbazia di San Giorgio è in realtà molto più complessa di quanto possa apparire, in quanto nel 1300 la chiesa e il suo feudo – già appartenenti ai monaci francesi dei Premostratensi e poi agli Agostiniani – passarono sotto la giurisdizione dei Cavalieri Ospedalieri di Gerusalemme chiamati in seguito Cavalieri di Malta.

Il racconto della distruzione dell'Abbazia: il vello volante e il tocco dei lupi

Quella degli Ospitalieri è una storia avvincente che attraversa secoli, guerre e nazioni; il fascino delle loro imprese è rimasto immutato nel tempo. In origine, fu un ordine ospedaliero benedettino ma, in seguito alla prima Crociata, divenne un ordine religioso cavalleresco cristiano, a cui erano stati affidati le cure e la difesa dei pellegrini, diretti in Terra Santa.

Le loro vesti furono quelle benedettine: tunica e mantello nero con croce bianca ad otto punte, apposta nel petto, in corrispondenza del cuore. Per quanto concerne l’attività ospedaliera dell’ordine, essa era ispirata dai princìpi di accoglienza dello straniero e dei pellegrini malmessi, dopo il lungo e difficile viaggio, svolgendo attività ospedaliera e assistenziale, secondo la regola dei padri benedettini (NICHOLSON H., Templari, Ospedalieri e Teutonici, Longanesi, Milano 1974).

Volontari contributi, corporei ed incorporei, pro charitate et fide, andavano ad accrescere il «Comun Tesoro» della «Sacra Gerosolimitana Religione» nell’interesse della vita militare, religiosa e politica di quest’Ordine, che, detto dal 1308 al 1522 «di Rodi», e, dal 1530 al 1798, «di Malta», sarà impegnato ininterrottamente, dal sec. XI al XVIII, cioè per circa otto secoli, per dispiegare un diffuso servizio ospedaliero, oltre che in compiti militari, in quel tempo necessari contro le forze ‘turche’ nonché nell’incessante lotta anticorsara (BUONO L. e PACE GRAVINA G., La Sicilia dei Cavalieri. Le istituzioni dell’Ordine di Malta in età moderna (1530-1826) – Accademia Internazionale Melitense, Roma 2003).

L’associazione Malta-Sicilia non si esauriva ovviamente nell’interscambio commerciale. Dopo il 1530 sempre più spesso la squadra navale della Religione operò a fianco delle galere siciliane e non vi fu evento bellico di rilievo che riguardasse il quadrante del Mediterraneo centrale che non vedesse coinvolta la Sicilia, “periodicamente invasa da migliaia o decine di migliaia di soldati e marinai in transito per le varie imprese verso Napoli, Africa o Levante” (LIGRESTI D., L’organizzazione militare del regno di Sicilia (1573-1635), in «Rivista storica italiana», CV (1993), pp. 647-678).

Tuttavia, anche se quello di San Giorgio fu un beneficio degli Ospitalieri di Gerusalemme, che dipendevano direttamente dalla Sede Apostolica, le sue rendite venivano gestite dal vescovo del luogo che adempieva legittimamente alle disposizioni papali oppure affidate a degli amministratori delegati, come si evince da una inchiesta sui beni dei Giovanniti nel Mezzogiorno d’Italia del 1373.

Dalla lettura del documento infatti si deduce che, in quell’anno, la chiesa di San Giorgio aveva come precettore un laico di nome Pagano, di circa 40 anni e disponeva di un reddito annuo di 2 once d’oro (SALERNO M. – TMASPOEG K., op. cit., pp. 271-274 già in AGOSTARO F., pp. 22-23).

Ad ogni modo, da alcuni significativi dati che emergono dalla consultazione delle fonti, sembrerebbe ci sia stata una vera e propria eredità che lasciarono gli Ospitalieri di San Giovanni Battista nel piccolo borgo madonita, in particolar modo, alle origini del loro insediamento (Vedasi anche FRAGALE M., Gratteri: l’abbazia di San Giorgio tra Premostratensi e Cavalieri di Malta in Esperonews del 03/12/2012).

Grazie alla consultazione dei Riveli, antichi documenti che si conservano presso l’Archivio di Stato di Palermo, sappiamo che, già nel sec. XVI, fosse presente a Gratteri proprio uno hospitali vecchio – ovvero un locale adibito ad accogliere poveri e pellegrini – ubicato nei pressi dell’odierna Via Ospedale:

“Antonella di Angelo capo di casa rivela una casa existenti in questa terra et nella strata di lo spitalj” (Archivio di Stato-Palermo, Riveli Tribunale Real Patrimonio, V. 1166, anno 1584). Di certo il mestiere dell’ospedaliere avrebbe dato origine al cognome Spitaleri, presente a Gratteri già nel 1500 ed oggi del tutto estinto:

“Antonino Spitaleri capo di casa di anni 36, Leonora sua muglieri, Venira sua figlia, Fata sua figlia, Agata sua figlia rivela una casa existenti in questa terra nella strata di la Santa confinanti con la casa di mastro Petro Lione et con la casa di Santo Varca” (ASP, Riveli Tribunale Real Patrimonio, V. 1166, anno 1584).

Di certo è risaputo che l’ospitalità verso lo straniero e il pellegrino fosse in passato particolarmente radicata nella popolazione gratterese. Lo stesso Ganci Battaglia ad esempio – raccontando la leggenda del pellegrino ricollegabile al culto delle Sante Spine – parla proprio di una casa dei poveri e pellegrini, ubicata dietro il quartiere dell’orologio, che anticamente il Comune utilizzava per dare asilo agl’infelici e ai senza tetto (GANCI BATTAGLIA GIUSEPPE. op. cit., p. 37).

Dal punto di vista spirituale invece, un significativo retaggio potrebbe essere il culto di San Giovanni Battista, (Santo a cui gli Ospitalieri si ispiravano) oggi a Gratteri quasi completamente scomparso, ma in passato particolarmente nutrito, tanto che il nome personale Giovanni e Giovanna con una serie di ipocoristici, risulterebbe al primo posto tra i nomi di battesimo più utilizzati almeno fino al XVII secolo.

Da un Rivelo che fa il Rev. Sac. D° Giuseppe Tamburello Procuratore della Venerabile Chiesa di S. Leonardo e della Ven. Cappella di S. Maria delle Grazie dentro detta Chiesa (oggi distrutta), sappiamo che fino al 1748, egli “pagava al R.do Clero di Gratteri per messa cantata, vespere e processione per la festa del Glorioso Santo Giovan Battista il 24 giugno, per solennizzare la festa del Glorioso Santo cioè con consumo di cera, polvere e loghieri d’apparato ed altro per prezzo di 100 unzi” (ASP, Deputazione del Regno, V. 2946, anno 1748).

Dallo spoglio di questi manoscritti, si evincerebbe anche un’altra significativa occorrenza onomastica nella Gratteri del sec. XVII. Essa è Nicasio, che potrebbe essere riconducibile al culto di San Nicasio Burgio, cavaliere dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme detto poi Ordine di Malta.

Secondo la tradizione infatti, “Nicasio, nato da padre saraceno e da madre normanna, insieme al fratello Ferrandino, entrò a far parte dell’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. I due fratelli pronunciarono il voto di restare in armi per difendere i territori cristiani della Terra Santa, per assistere i pellegrini, gli ammalati e gli afflitti. (Enciclopedia dei Santi e Beati). Il suo culto è particolarmente diffuso in Sicilia nei comuni di Caccamo (dove fu eletto patrono principale nell’anno 1625 in seguito alla fine di due epidemie di peste), Burgio e Castelbuono.

Le reliquie di Gerusalemme

Infine, un ultimo legame potrebbe essere proprio il culto dell’Apostolo Giacomo il Maggiore (il Santo Protettore dei pellegrini), divenuto in data imprecisata il Santo Patrono della comunità gratterese.

A riguardo del culto jacopeo in Sicilia, lo studioso Giuseppe Arlotta osserva: “il legame tra la Sicilia e Santiago di Campostela iniziò nel XII secolo, come documentato nel Liber Sancti Jacobi, il più antico testo del pellegrinaggio compostelliano. Per la costruzione e la gestione degli hospitali per pellegrini che si recavano in Galizia, giunsero in Sicilia ordini cavallereschi, quali i Templari, i Teutonici e gli Ospitalieri, più noti come Cavalieri di Malta” (ARLOTTA GIUSEPPE, op. cit., 11-15).

Ad ogni modo, dopo una serie di vicissitudini che videro coinvolto don Antonio Ventimiglia, barone di Gratteri, che rivendicava per sé il diritto di esercizio di patronato in un periodo di anarchia feudale, la chiesa venne assegnata per breve periodo agli agostiniani per poi nel 1414 ritornare in commenda ai Giovanniti assieme a quella di Marsala (FODALE S., op. cit. già in AGOSTRARO F., p. 25).

Nel 1511 l’Abbazia di San Giorgio risultava essere sottoposta al diritto di patronato regio (BARBIERI G. L., Beneficia ecclesiastica, a c. d. PERI I., V. I (Vescovati e abazie) ed. Manfredi, Palermo 1952, p. 218). Lo status di “precettoria” o commenda in cui l’insediamento monastico si venne a trovare, affidato per secoli a religiosi e laici senza scrupoli che avevano come unico interesse lo sfruttamento dei suoi beni, produsse il progressivo decadimento strutturale fino alla distruzione e alla conseguente spoliazione del manufatto (AGOSTARO F., op. cit., p. 26).

Quella sulla distruzione del monastero è ancora una storia poco conosciuta, se non attraverso racconti popolari tramandati oralmente da generazioni. Si narra infatti che gli ultimi monaci dovettero abbandonare di fretta il loro monastero scacciati dagli abitanti di Gratteri che li consideravano colpevoli di aver abusato di alcune donne del villaggio (GANCI BATTAGLIA G., op. cit.). Da quel momento in poi, si prefigurerà un altro scenario, che vedrà come protagonisti proprio i Cavalieri di Malta che la detennero come commenda fino agli inizi del secolo XIX.

Recentemente, nuovi e significativi documenti relativi alla commenda di San Giorgio di Gratteri sono emersi dalla consultazione archivistica dell’archivio dei Cavalieri di Malta della Magione e del Gran Priorato di Messina (AOM 6098, cc. 60 segg.). Come si evince dai manoscritti, quella di Gratteri apparteneva in età moderna alla Commenda di San Giovanni Battista di Modica-Randazzo, una delle più importanti e cospicue di Sicilia.

Quest’ultima era costituita dall’unione di due delle istituzioni più antiche, quella di Modica, fondata dai conti Chiaramonte nel sec. XIV e quella di Randazzo, anch’essa di origine medievale, ricordata da Barberi ai primi del sec. XVI e, successivamente, unita a quella di Modica. Il beneficio commendale fu dotato di 450 onze di rendita annua e di 14 privilegi, corrispondenti forse alle 14 tenute di terra che concorrevano a formare la rendita stessa. Martino d’ARAGONA, XIX re di Sicilia, dopo la condanna degli avversi Chiaramonte nel 1392, confermò in quello stesso anno tutti i sopraccennati 14 privilegi (La Commenda di Modica dell’Ordine Gerosolimitano, di Rodi, di Malta (secc. XIV-XIX). di Bruno d’Aragona Archivum Historicum Mothycense n. 1, 1995 pp. 5-20).

Come sostengono alcuni studiosi, probabilmente alla commenda di Randazzo erano annesse le dipendenze di Nicosia, Agira, Adrano, Gratteri, poi confluite anch’esse nella commenda iblea (BUONO L. e PACE GRAVINA G., La Sicilia dei Cavalieri. Le istituzioni dell’Ordine di Malta in età moderna (1530-1826) – Accademia Internazionale Melitense, Roma 2003).

Lungo la storia dell’Ordine le commende vennero indicate in modo diverso: obe dientiae negli Statuti redatti sotto il secondo Gran Maestro dell’Ordine, fra’ Raymond de Puy (morto nel 1120), domus e mansiones più tardi – con evidente riferimento agli edifici che albergavano gli hospitia per i pellegrini in viaggio verso la Terra Santa e più tardi, caduta questa in mano ai turchi, destinati ai malati –, preceptoriae a partire dal XIII secolo e infine commendatoriae (l’italiano commende) termine più diffuso lungo l’età moderna (SIRE H.J.A., The Knights of Malta, 1994, p. 102).

L’istituzione delle precettorie costituì una fase successiva a quella delle donazioni – concentratesi in Sicilia soprattutto tra la seconda metà del XII secolo e i primi due decenni del secolo successivo – ed era l’evidente segno di una progressiva stabilizzazione dei beni dell’Ordine, che significava garanzia e protezione da parte dei sovrani, svevi prima, angioini e aragonesi poi. (TOOMASPOEG K.J., L’insediamento dei grandi ordini militari in Sicilia (1145-1220), Roma, 2001, pp. 42-45).

Sorgevano nel frattempo anche precettorie in luoghi dove i cavalieri possedevano ben poco, come quelle provvisorie di Corleone e di Gangi, talvolta proprio “destinate più a creare dei possedimenti che a gestirli”, come nel caso di Agrigento, Patti e Gela e, nel ’400, di Piazza Armerina, Mazzara, Marsala, Modica, Caltagirone, Randazzo, Nicosia e Taormina.

Di queste, alcune furono di breve durata (Patti, Gela, Mazzara, Nicosia); le altre sopravvissero invece a tutta l’età moderna venendo ormai designate come commende (TOOMASPOEG K.J., La geografia del patrimonio dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme nella Sicilia medioevale (1145 – 1492), Roma 2004, pp. 93-94).

Per statuto, infatti, i commendatori erano tenuti ogni venticinque anni a presentare una descrizione dettagliata – detta “cabreo” dalla corruzione dal latino caput breve – dei beni costituenti la commenda e del loro valore (SIRE H.J.A., p. 107).

Le visite delle commende erano invece ispezioni in loco sullo stato dei beni delle commende e potevano essere di due tipi: quelle dette “dei miglioramenti”, per la verifica delle migliorie apportate nella commenda visitata, e la visita generale di tutte le commende del priorato, che spettava al priore in persona o a due commissari da lui delegati, ogni cinque anni.

Le “facoltà” del nuovo procuratore andavano dalla gestione delle gabelle e dei censi (esazione, concessioni, revoche, recupero crediti), alla manutenzione e miglioria dei cespiti amministrati, dalle scritture contabili alle liti giudiziarie e alla rappresentanza in tribunale (BUONO L., PACE G., op. cit.).

Altra importante incombenza da assolversi da parte dei procuratori delle commende, i quali a volte la subappaltavano a terzi, era la riscossione di una infinità di canoni enfiteutici di modesta consistenza, frutto di concessioni riguardanti piccoli appezzamenti di terra e fabbricati tanto urbani quanto rurali (IBIDEM).

La prima attestazione ad oggi riscontrata che include Gratteri all’interno della commenda di Modica Randazzo risale al 1628 ed è quella della visita a Gratteri del commendatore don Joseph Caravella accompagnato da due testimoni, mastro Stefano Timpanaro e mastro Joseph Barone della terra di Santo Filippo (Magione 404, c. 150).

Dalla sua relazione scritta il 29 aprile dello stesso anno, risulta che il feudo di san Giorgio è esteso 12 arate con chiesa diroccata “in mezzo alla quale vi è una piccola chiesa” dedicata al Santo cavaliere. Questa già nel 1628 era “ruinata molt’anni or sono” e senza tetto. La cappella maggiore era rivolta a oriente, verso mezzogiorno era un’altra ‘cappellina’ nuova “voltata a dammuso”, con altare con immagine della Madonna e Crocifisso scolpito in legno, a lato della maggiore era un’altra ‘cappellina’.

Nella chiesa si aprivano 12 finestre, 6 per parte. Vi era anche un cortile: un “baglio detto palo, seu carcera dell’animali”. Innanzi a detta chiesa vi è la fonte di Acqua Viva distante dieci canne dalla chiesa (Magione 404, c. 151). Nel 1665 si afferma che la chiesa è lunga 12 canne, larga 8, e il feudo è esteso 108 salme (Magione 405). Già nel 1720 la chiesa non appare più (Magione 407 (1720) c. 406 segg.).

Nella visita del 1749 è ‘rovinata’: si decide di sconsacrarla e di dedicare un altare a S. Giorgio nella chiesa commendale di Modica, o di collocare un quadro del Santo in un altare ivi già esistente (Visita 1749). Visita 1749 = Biblioteca Regionale di Messina, Ms. F. N. 207 – Libro della Visita di tutti li beni e Commende del Gran Priorato gerosolimitano e commende e beni della S.R.G. formato nel 1749 (copia del 1912 redatta da G. La Corte Cailler sul ms. originale). Nel 1780 infatti l’edificio non viene definitivamente più ricordato (Magione 409 1780 c. 468).

 

Cabreo di Gratteri – anno 1780-81
Atti ricognitori per li censi dovuti dall’infratte persone

  • Onofrio di Majo oggi Pietro Deagostaro – 10
  • Giovanni e Sebastiano Bonanno – 4
  • Vespasiano Cannici oggi Fedele Cannici paga in frumento 1.2
  • Ignazio Bonafede oggi Rosalia di Majo – 2
  • D. Vincenzo Deagostaro – 4
  • Giacoma Deagostaro – 4
  • Gioanni Brocato a nome di Giuseppa Incrapera sua moglie – 6
  • Giambelluca Grazia e Caterina Ilardo – 3-3
  • D.Domenico ed Antonio Cannici in frumento 3.3.1.
  • Maria di Majo – 2
  • Domitilla Deagoastaro e Gianlombardo in frumento 2
  • Pietro Rodrigo come marito di Caterina Cannici – 7.3
  • Domenico Deagostaro come curatore in frumento 2 – 1.15
  • Giacomo di Francisca come marito di Santa Culotta – 4
  • Antonio Lapi, Antonio Cannici e Giacomo Cannici in frumento 1.2.3/1.18
  • Antonio di Francisca e Nuncia Bonafede – 1.15
  • Giacomo di Francisca e Francisco Cimino – 8.1
  • Illuminato e Domenico Barbone – 3.5
  • Maria Culotta – 8

Questi dati vengono confermati dalla consultazione dei Riveli di beni e anime della terra di Gratteri dell’Archivio di Stato di Palermo dove si evince che il feudo di San Giorgio già dal 1616 e fino all’anno 1811 fu sempre tenuto in Commenda della Sacra Religione Gerosolomitana dei Cavalieri di Malta:

Battista di Maio capo di casa di anni 55 rivela una vigna in due migliara col suo loco et una casa terrana nello territorio di questa terra nello fego di Santo Giorgi et contrata di Aqua Viva confinanti con la vigna di Danieli Turlambeni di cui paga 3 tarì e grana 10 di proprietà alla religione delli Cavalieri di Malta della città di Palermo a setti per cento per capitale (ASP, Tribunale Real Patrimonio, Rivel V. 1170, anno 1616);

Marco Antoni di Antoni capo di casa di anni 25 rivela uno loco di cersi nella q.ta di Gargilomeli quali paga sopra detto loco ogni anno alla commenda di Malta (ASP, Tribunale Real Patrimonio, Rivel V. 1171, anno 1623);

Nicolao di Palermo capo di casa di anni 62, rivela un lochicello nella q.ta di Sancto Giorgio quale paga alla Commenda di Malta unzi dui e tarì 25 (ASP, Tribunale Real Patrimonio, Rivel V. 1173, anno 1652);

Giuseppe di Agustino di anni 40 rivela migliaro uno di vigna nello fego di Santo Giorgio confinanti con la vigna di Giacomo di Agustino suo padre quale paga ogni anno alla Commenda di Malta sopra ditta vigna (ASP, Deputazione del Regno, Rettifica Riveli, V. 2944, anno 1747);

Onofrio Picone rivela migliara due di vigna fegulo di Santo Giorgio confinanti la vigna di Giacomo d’Agostaro e delle terre del fegulo quale paga al Beneficio di San Giorgio e S.ta Marina di questa terra abitatore in Roma a cinque per cento lo capitale (ASP, Deputazione del Regno, Rettifica Riveli, V. 2944, anno 1747);

Salvatore Tedesco Santovitaro possiedo un pezzo di terra con vigne in essa esistenti posto in questo territorio feudo di San Giorgio proprie della Sacra Religione di Malta contrada della Tana vicino il luogo di Antonino Tedesco (ASP, Deputazione del Regno, Rettifica Riveli, V. 482, anno 1811);

Natale Giallombardo possiedo un pezzo di luogo con vigna posto in questo territorio feudo di San Giorgio proprio della Sacra Religione Gerosolomitana contrata della Tana confinanti con mastro Antonino d’Agostaro (ASP, Deputazione del Regno, Rettifica Riveli, V. 482, anno 1811).

Il 14 febbraio del 1811 infatti un editto firmato da Ferdinando III Re delle Due Sicilie e di Gerusalemme ordina di vendere a privati i territori in enfiteusi delle Commende della Sacra Religione Gerosolimitana per rimpinguare le casse del Real Erario prosciugate a causa della guerra (Misc. Arch. II, 11).

Da quel momento in poi il feudo di San Giorgio con all’interno i ruderi dell’Abbazia passò a privati e l’’edificio fu riutilizzato dai contadini come stalla e deposito di fieno (SCELSI I. op. cit.).

Marco Fragale
(Università di Palermo)

Bibliografia:

AGOSTARO FRANCESCO, San Giorgio in Gratteri. La storia intrigante di un monumento normanno – Ed. S.Marsala, Cefalù 2019

DI FRANCESCA PINA, Gratteri, Palermo, Flaccovio, 2000

BUONO L. e PACE GRAVINA G., La Sicilia dei Cavalieri. Le istituzioni dell’Ordine di Malta in età moderna (1530-1826) – Accademia Internazionale Melitense, Roma 2003

FODALE SALVATORE, Potere religioso e potere temporale a Cefalù nel Medioevo: Atti del convegno internazionale, Cefalù 7-8 Aprile 1984”, STASS Palermo 1985

FRAGALE MARCO, Gratteri: la leggenda della truvatura di San Giorgio tra Premostratensi e Cavalieri di Malta in Esperonews del 03/12/2012

GANCI BATTAGLIA GIUSEPPE, Cenni storici e tradizionali del Comune di Gratteri – Ed. La Trazzera Palermo 1930

NICHOLSON H., Templari, Ospedalieri e Teutonici, Longanesi, Milano 1974

LIGRESTI D., L’organizzazione militare del regno di Sicilia (1573-1635), in «Rivista storica italiana», CV (1993)

SALERNO MARIAROSA, TOOMASPOEG KRISTJAN, L’inchiesta pontificia del 1373 sugli Ospedali di S. Giovanni di Gerusalemme nel mezzogiorno d’Italia, M. Adda, Bari 2008.

SCELSI ISIDORO, Gratteri. Storia, cultura e tradizioni, Palermo 1981, rist. Tip. Valenziano, 2008

SIRE H.J.A., The Knights of Malta, 1994

TOOMASPOEG K.J., L’insediamento dei grandi ordini militari in Sicilia (1145-1220), Roma, 2001

TOOMASPOEG K.J., La geografia del patrimonio dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme nella Sicilia medioevale (1145 – 1492), Roma 2004

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